Storie di Roma per bambini: le colonne di Roma pt.2

Storie di Roma per bambini: le colonne di Roma pt.2

Colonna di Marco Aurelio

Anche in tempi antichi i monumenti romani avevano bisogno di protezione. È il caso della colonna di Marc’Aurelio (quella che ha dato il nome a piazza Colonna) che risultava particolarmente esposta alle “attenzioni” dei vandali dell’epoca. Per proteggerla perciò dai malintenzionati, ma anche per consentirne una opportuna manutenzione, nel 949 papa Agapito II (946-955) affidò la colonna ai monaci del monastero di S. Silvestro, i quali non si lasciarono sfuggire l’occasione di trarne vantaggio. Essi, infatti, vi fecero costruire accanto una piccola cappella dedicata a Sant’ Andrea, con annessa stanzetta destinata al custode di turno e cominciarono a pretendere oboli dai pellegrini e dai curiosi che intendevano salire i 190 scalini interni che conducevano ad una altezza di oltre 40 metri da cui si poteva godere un meraviglioso panorama della città. Poi qualcuno pensò di cedere la colonna in affitto. E gli interessati non mancarono, visto che essa rendeva bene e che, diffusasi rapidamente la voce di poter ammirare una insolita veduta della città dall’alto della colonna, le richieste dei turisti e degli stessi romani aumentavano notevolmente. Ma quando fu eletto abate di San Silvestro il monaco Pietro, egli pretese per prima cosa, alla scadenza dell’affitto, l’immediata “restituzione” della colonna, lanciando quindi scomuniche e maledizioni contro abati, monaci e chiunque altro “columnam et ecclesiam locare vel beneficio dare presumpserit”. E non si limitò alle sole parole, perché nel 1119 fece incidere il testo delle minacce in una lapide di marmo che ancora oggi si può leggere a destra del portico della chiesa di San Silvestro, nella piazza omonima.

 

Colonna della Flagellazione 

Già venerata nella chiesa del Cenacolo sul monte Sion, la piccola parte della colonna alla quale, secondo la tradizione, sarebbe stato legato Gesù per essere flagellato, fu portata a Roma nel 1223 dal cardinale Giovanni Colonna alla sesta crociata. Il porporato destinò la reliquia alla basilica di Santa Prassede, suo titolo cardinalizio, e tuttora si ammira nella famosa cappella di San Zenone, particolarmente ricca di pregevoli opere musive e forse perciò detta cappella o giardino del Paradiso. Essa è racchiusa in un artistico reliquiario di bronzo dorato a forma di tempietto eseguito nel 1920 su disegno di Duilio Cambellotti. Presenta una forma conica incavata, più larga alla base e che va in alto restringendosi per poi allargarsi nuovamente fino al punto superiore; è alta 63 cm, il diametro della base misura 40 cm, quello della sommità 20 cm e quello del punto più stretto 13 cm. In qualche parte la colonna risulta priva di alcuni frammenti: essi furono infatti prelevati in tempi passati, specialmente durante il pontificato di Sisto V per soddisfare le numerose richieste dei fedeli. 

San Carlo Borromeo, Santa Brigida, San Filippo Neri e San Pio V furono tra i più devoti della colonna della flagellazione, e spesso si recavano appositamente a pregare presso di essa nella basilica di Santa Prassede, che è officiata dai Monaci Benedettini di Vallombrosa fin dal 1198, ossia da ben 25 anni prima dell’arrivo in Roma della preziosa reliquia.

 

Colonna dell’Immacolata a piazza di Spagna 

Una bellissima colonna di cipollino alta quasi 12 metri e con un diametro di 1.5 metri fu rinvenuta insieme ad altri antichi frammenti del I secolo durante gli scavi eseguiti nel 1778 nel Campo Marzio. E mentre gli altri reperti trovarono ben presto facile collocazione, la magnifica colonna creò problemi di sistemazione e ci fu qualche incosciente che propose addirittura di sotterrarla nuovamente. Fu comunque trasportata presso il Quirinale dove rimase per lunghissimi anni abbandonata, fin quando, per celebrare il dogma dell’Immacolata solennemente proclamato da Pio IX, venne utilizzata per il monumento di piazza di Spagna. 

 

Alla inaugurazione, avvenuta l’8 dicembre 1854, il papa non fu presente. «E fortunatamente», insinuava il cronista protestante Norton, che considerava l’assenza del pontefice come fattore principale della buona riuscita dell’opera. «Ho sentito dire», scriveva, «che la sua presenza era temuta per la fama che egli ha di portare il malocchio». Nulla di vero: si trattava di una delle solite falsità messe in giro dagli anticlericali dell’epoca.