Storie di Roma per bambini: la prima del “Barbiere di Siviglia”

Storie di Roma per bambini: La prima del “Barbiere di Siviglia” al teatro Argentina

Una serata veramente sfortunata per Gioacchino Rossini fu quella del 20 gennaio 1816, quando per la prima volta va in scena all’Argentina il suo “Barbiere di Siviglia” con il titolo mutato in “Almaviva o sia l’inutile precauzione” per un senso di riguardo verso l’allora ancor vivente maestro Giovanni Paisiello che, 44 anni prima, aveva musicalmente trattato lo stesso argomento. Ma, nonostante l’atto di cortesia, nonostante l’efficacia della composizione rossiniana e un significativo “Avvertimento al Pubblico” stampato nel libretto dell’opera, essa registra un clamoroso insuccesso. L’ “Avvertimento” tra l’altro precisa che: “La commedia del signor Beaumarchais intitolata ‘Il Barbiere di Siviglia o sia l’inutile precauzione’ si presenta in Roma ridotta a dramma comico col titolo “Almaviva, o sia l’inutile precauzione” all’oggetto di pienamente convincere il pubblico de sentimenti di rispetto e venerazione che animano l’autore della musica del presente dramma verso il tanto celebre Paisiello che ha già trattato questo soggetto sotto il primitivo suo titolo”.

Inutile prudenza, inutile cortesia. Alla “prima” i rossiniani e gli anti-rossiniani, cioè i sostenitori di Paisiello, vengono perfino alle mani. Ed è inspiegabile il comportamento del pubblico in quanto l’opera del maestro di Taranto non è stata mai eseguita a Roma, e non esistono, quindi, termini di confronto. Quella sera, comunque, se risultano esatte le notizie tramandate dalla cronaca, accadono in teatro cose strane. Gioacchino Rossini che, come previsto nel contratto, deve sedere al cembalo, indossa per l’occasione un vestito di vigogna, il quale, per taglio e per colore, al suo apparire in orchestra suscita “la più sfrenata ilarità”. All’alzarsi del sipario un gatto attraversa tutta la scena, cosa che dà luogo a mormorii e dissensi. Il tenore Emanuele Garcia, che sostiene la parte del conte d’Almaviva, s’avanza con la chitarra a cantare sotto la finestra di Rosina (Geltrude Righetti Giorgi) e alle prime note si spezzano tutte le corde dello strumento. Strepito di voci in platea. Quando appare Luigi Zamboni nella parte di Figaro e comincia a suonare il mandolino, anche le corde di quello strumento saltano misteriosamente. Si elevano alti fischi. A complicare ancor più la già grave situazione interviene don Basilio nella persona del basso Zenobio Vitarelli, il quale, entrando in scena, cade malamente battendo il naso per terra. Il sangue gli esce a fiotti imbrattandogli il collare bianco. Il malcapitato, non potendo diversamente, si asciuga il sangue con l’abito e a quella vista calpestii, grida e schiamazzi coprono l’orchestra e le voci. Il maestro Rossini lascia frettolosamente il cembalo e va a chiudersi nel suo appartamento al n. 35 della prossima via dei Leutari. Il giorno successivo si dichiara malato e non si presenta a teatro. Resta nella sua camera. Ma l’opera, quella sera, ottiene un successo enorme. Verso mezzanotte ode un grande subbuglio nella strada; lo strepito si avvicina ed egli distingue nettamente le grida di “Rossini! Rossini!”. Ha un momento di spavento: è convinto che l’opera sia stata fischiata ancor più sonoramente della sera precedente e che i romani lo stiano cercando per beffeggiarlo o addirittura per bastonarlo. È terrorizzato quando si accorge che lo strepito non si ferma nella strada ma che la gente insoddisfatta sale per le scale e bussa alla sua porta in maniera violenta chiamando il suo nome ad alta voce. Egli, sempre più preoccupato, si guarda bene dal rispondere e si narra che addirittura si nascondesse sotto il letto.

A questo punto, ad uno degli scalmanati ammiratori viene il sospetto che il maestro possa aver paura di quel tumulto, che possa insomma interpretare il baccano come segno di protesta e non di entusiasmo. Allora chiede ed ottiene il silenzio; si mette in ginocchio, appoggia la testa per terra e volgendo il viso verso la fessura della porta esorta il maestro ad aprire, comunicandogli che l’opera ha avuto un successo straordinario e che una rappresentanza del folto pubblico è andato a prenderlo per portarlo in trionfo. Non troppo convinto Rossini finge di svegliarsi e si mostra all’uscio. Non gli danno nemmeno il tempo di vestirsi come si deve, “lo afferrano, lo portano in teatro più morto che vivo e solo lì, dalle grida di giubilo e dalla lunga ovazione egli si rende conto che ‘Il Barbiere di Siviglia’ ha ottenuto veramente un successo clamoroso”. E la festa in suo onore per le strade di Roma si protrae fino all’alba.