Storie di Roma per bambini: “Inno a Roma”, piccolo capolavoro di Puccini

Storie di Roma per bambini: “Inno a Roma”, piccolo capolavoro di Puccini

C’era una volta l’ “Inno a Roma” o “Inno di Roma”, come diceva Giacomo Puccini che ne scrisse la musica. La richiesta era stata inoltrata al noto compositore da un suo grande amico e ammiratore, l’allora sindaco della città Don Prospero Colonna, durante un ricevimento svoltosi al Grand Hotel in onore del musicista reduce dal trionfale successo del “Trittico”. Era la sera del 1° febbraio 1919: una data intermedia tra la recente vittoria del 4 novembre 1918 e il Natale di Roma del prossimo 21 aprile. Nel clima unitario di vita nazionale, al sindaco Colonna era venuta improvvisa l’idea di celebrare quest’ultima ricorrenza con una particolare solenne cerimonia e soprattutto con la esecuzione di un inno ispirato alla grandezza dell’Urbe. Nonostante i termini di scadenza abbastanza brevi Puccini accettò la proposta e il poeta romano Fausto Salvatori s’ impegnò a scrivere un’apposita ode, di oraziana memoria, che tra l’altro diceva: 

Per tutto il cielo è un volo di bandiere 

e la pace del mondo oggi è latina 

il Tricolore canta sul cantiere, 

sull’officina. 

Madre che doni ai popoli la legge 

eterna e pura come il sol che nasce, 

benedici l’aratro antico e il gregge 

folto che pasce!

Ritornello:

Sole che sorgi libero e giocondo 

sui colli nostri i tuoi cavalli doma; 

tu non vedrai nessuna cosa al mondo 

maggior di Roma! 

In meno di due mesi l’inno era pronto. Da Torre del Lago Giacomo Puccini scrisse infatti al maestro Alessandro Vessella: «27 marzo 1919. Fra due o tre giorni spedirò al Sindaco Colonna l’inno di Roma. Non so chi sarà che lo ridurrà o meglio strumenterà per banda. Io sarei ben contento che Lei prendesse questo incarico perché sono sicuro che il pezzo acquisterà in effetto e anche in valore. È una cosa marziale di poca entità ma penso che possa riuscire di una certa popolarità. Tanti saluti aff.mo Puccini». 

Il successivo 7 aprile, in una lettera al Sindaco, Puccini lo ringrazia «d’aver affidato la strumentazione dell’Inno di Roma al M° Vessella…». 

Tale inno, secondo il programma stabilito, lo avrebbero cantato, nella deliziosa cornice di villa Borghese, ragazze e ragazzi «delle tre ultime classi elementari, la massa corale del Costanzi, le insegnanti giardiniere delle scuole del Comune e i soldati». Per la grande circostanza il maestro Vessella doveva assumere la direzione delle Bande riunite del Presidio di Roma e della Banda Comunale. 

II mattino del 21 aprile piazza di Siena offrì uno spettacolo eccezionale: da una parte il coro, numerosissimo, e le Bande; dall’altra la tribuna d’onore con i Reali d’Italia, il principe ereditario, le più alte autorità civili e militari e, ovviamente, Don Prospero Colonna con l’amico Puccini. Oltre ad una folla entusiasta accorsa da tutta Roma. 

Un capriccio della primavera romana rovinò però il programma. Un improvviso furioso temporale abbattutosi sulla città, proprio all’inizio della manifestazione, costrinse tutti al riparo. E l’inno – la cui prima stesura autografa per canto e pianoforte si trova nel museo di palazzo Braschi – venne eseguito il successivo 2 giugno, festa dello Statuto, nel vecchio stadio nazionale dei Parioli, dinanzi ad un pubblico enorme. Ed ebbe uno straordinario successo.

Ispirato alla grandezza dell’Urbe, di cui celebra in poche note la magnificenza, l’inno, bellissimo, dopo la seconda guerra mondiale venne strumentalizzato a fini politici e perciò «radiato dall’albo delle composizioni patriottiche ufficiali!» Peccato! Resta la speranza di un possibile recupero. Si tratta pur sempre di una preziosa composizione di un grande artista. E poi una cosa è certa: l’inno “nacque” in tempi non sospetti, e cioè tre anni puma dell’avvento dell’era fascista!