Storie di Roma per bambini: accenti romani inesatti
Tra le tante cose strane e curiose che caratterizzano i luoghi di Roma, ci sono anche i difetti di pronuncia. Nel popoloso quartiere Trieste, ad esempio, esiste un’ampia piazza moderna, piazza Vescovìo, che prende il nome dall’omonima località presso Torri in Sabina, in provincia di Rieti. Il nome “Vescovìo”, contrariamente a quanto lascerebbe supporre la pronuncia romana, ha l’accento tonico che cade sulla lettera “i” e non sulla “o”. Si tratta, infatti, di una parola piana e non sdrucciola. Quindi “Vescovìo”, non “Vescòvio”, come si sente continuamente ripetere a Roma, nonostante il chiaro accento esistente nella targa stradale affissa in loco. L’equivoco nacque, probabilmente, da una “errata interpretazione fonica” o comunque da una inesatta lettura della targa da parte dei primi abitanti della piazza e della zona adiacente, che si è sviluppata nell’immediato dopoguerra. Poi l’uso della pronuncia errata si è diffuso rapidamente ed oggi è molto difficile sentir pronunciare il nome correttamente, ovvero con l’accento al posto giusto.
Un altro errore di accentazione che si sente nella parlata romana è quello che riguarda la chiesa di S. Maria di Cosmèdin (piazza Bocca della Verità) la cui origine risale al VI secolo e che in epoca bizantina si chiamò S. Maria in Schola Graeca. Venne infatti assegnata alla colonia greca fuggita dall’Oriente in seguito alle persecuzioni degli iconoclasti (VIII secolo), la quale colonia si era stabilita nei dintorni della chiesa stessa che proprio in quel periodo il pontefice Adriano I (772-795) aveva fatto ingrandire con l’aggiunta delle navate laterali, delle tre absidi e del matroneo, e che era stata anche arricchita di decorazioni interne in seguito alle quali essa assunse la denominazione, che tuttora conserva, di S. Maria di Cosmèdin (dal greco kosmèin = ornare, abbellire).
Anche in questo caso si tratta di una parola piana: l’accento cade cioè sulla lettera “e” ma per misteriose ragioni i romani hanno deciso di spostarlo sulla lettera o (Còsmedin!), corrompendo la sua pronuncia. (Chi pronuncerebbe, però, “còsmesi” o “còsmetici”, analoghe parole con la stessa origine greca?). Eppure, difficilmente modificabile risulta l’abitudine di riferirsi alla chiesa con l’accentazione sbagliata, tanto che persino le due targhe marmoree situate accanto alla chiesa riportano l’errato accento sulla o.