Borgia

LUCREZIA: simbolo di sacrificio morale pubblico e privato

E’ interessante capire come, per arrivare, alla Repubblica ci sia stato il sacrificio di una donna.

Tralasciando il “salvataggio” di Larenzia – lupa – meretrice e moglie di Faustolo che, allattando i gemelli di Marte, consentì loro di rimanere in vita per poi fondare la città di Roma; un’altra donna importante è Lucrezia, la quale con il sacrificio della propria vita, cambiò l’oltraggio subito in una rivoluzione politica.

Prima di parlare di essa, però, c’è da osservare la cornice storica che caratterizza la Roma di quel periodo, di fine VI sec. A.C.: l’eterna lotta tra per il potere e l’intollerabilità, ormai insostenibile, tra il re “superbo”, popolo ed il Senato. I Senatori si vedevano di continuo scavalcati o ignorati dalle ordinanze regie sulla pena di morte e sulle confische dei beni; il popolo era, invece, chiamato agli obblighi militari e alla gratuità dei servizi manuali. La tensione era, quindi, già al limite e bastava un qualsiasi avvenimento per farla esplodere.

In realtà, però, il periodo dei re estruschi Tarquini (Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Traquinio il Superbo) aveva segnato per Roma un’era di grande incremento commerciale, di notevolissimo impulso nei lavori pubblici, di aumentata potenza, prestigio politico e aumento della popolazione.

L’episodio che causò l’epilogo della monarchia fu l’assedio di Ardea, la città dei Rutili.

La guerra si protrasse più del previsto; come avviene negli assedi lunghi e aspri, non di rado venivano concessi permessi e licenze. I figli dei re passavano il tempo a gozzovigliare in banchetti.

Un giorno nella tenda di Sesto Tarquino, il più giovane e insolente dei tre eredi di Tarquinio il Superbo, il discorso scivolò sulle mogli e di quanto le loro virtù fossero rimaste intatte ora che i mariti erano lontano in guerra. Fra i commensali c’era Collatino, figlio di Egerio, che reggeva Collazia. Si decise di andare a controllare le mogli; dato che esse non si aspettavano il loro ritorno avrebbero potuto coglierle di sorpresa e così fu. Essendo notte in città era buio e le mogli furono trovate in compagnia delle compagne in banchetti e divertimenti, tranne la moglie di Collatino: Lucrezia che, invece, era a casa con le ancelle a filare.

Così la palma della vittoria toccò a lei, la quale si prodigò per accogliere benevolmente il marito, i figli del re e gli altri ospiti.

Sesto Tarquinio non aveva mai visto Lucrezia, ne rimase colpito ed, anzi, ebbe una subitanea quanto violenta fiammata dei desiderio per lei. La giovane donna non era solo bella, ma aveva anche un atteggiamento disinvolto, semplice e pudico.

Sesto Tarquinio non riuscì a resistere a lungo al desiderio erotico di possederla ed, infatti, una notte si reca a casa di Collatino dove verrà accolto benevolmente e condotto nella camera degli ospiti.

A notte fonda, quando tutti dormono, entra nella stanza di Lucrezia e con la minaccia di morte e di disonore ( se lei non accetta il possesso è pronto a disonorarla vituperosamente, lasciandole vicino al letto uno schiavo nudo sgozzato e lei stessa uccisa, sicchè la credessero sorpresa in un vergogno adulterio) la possiede con violenza.

Espugnato l’onore della pudica donna se ne parte. Lucrezia, riavutasi, manda immediatamente un messaggero al padre ed uno al marito dicendo loro di tornare subito a Collazia con un testimone.

Il padre, Spurio Lucrezio arriva con Publio Valerio, mentre Collatino con Lucio Giunio Bruto, parente.

A casa Lucrezia piangeva silenziosamente, le lacrime le rigavano il viso…”Come può star bene una donna la cui castità è stata violata?…Collatino, nel tuo letto ci sono le tracce di un altro uomo, ma sappi che solo il corpo è stato violato e che l’anima è innocente. Sarà la morte a darne testimonianza. Porgete le destre e giurate che lo stupratore non resterà impunito. E’ stato Sesto Tarquinio, fattosi nemico mentre era stato accolto come ospite, a strappare, con le armi e con la violenza, un piacere che, se voi sarete uomini, porterà morte a me e a lui.”

Pur consolandola e dando la loro parola di vendetta, Lucrezia è decisa ormai a dare prova della sua fedeltà coniugale e con un gesto eroico, come di espiazione, affinchè nessuna donna in futuro prendendo esempio da Lucrezia vivesse impudica, si immerse all’altezza del cuore un coltello che teneva nascosto sotto la veste. Cade riversa per terra sotto gli occhi esterrefatti dei presenti.

Allo sgomento dei parenti reagì Lucio Giunio Bruto che, brandendo il pugnale ancora insanguinato  giura di perseguitare fino alla morte il violentatore: “Io giuro, e chiamo gli dei a testimoni, che da questo momento perseguiterò Lucio Tarquinio il Superbo e tutta la sua famiglia col ferro, col fuoco o con qualsiasi altro mezzo, nè consentirò mai che uno di loro o altri regnino sul popolo romano.”

Ma chi è Lucio Giunio Bruto? Figlio di una sorella di Tarquinio il Superbo; dopo l’oltraggio a Lucrezia di Sesto Tarquinio figlio, sollevò il popolo e l’esercito contro il re; espulso il re, fu eletto console. Fu il fondatore della Repubblica romana e primo console. Morì nella battaglia della Selva Arisa, dove egli e Arunte, figlio di Tarquinio, si trafissero a vicenda. 

Il suo primo atto fu quello di portare il cadavere di Lucrezia nel Foro di Collazia dove, com’è ovvio, la popolazione si commosse.

Dopo il discorso di Lucio Giunio Bruto per convincere la folla si decide di muovere contro Roma, contro i Tarquini. Giunti in città squadre di volontari presero a percorrere le strade della città, urlando ingiurie contro i Tarquini.

Nella confusione che ne seguì Tullia (moglie di Tarquinio il Superbo che, a suo tempo, non aveva esitato a passare con il carro sopra il corpo del padre Tullio Ostilio per prendere il potere) lascia il palazzo esecrata e vilipesa da ogni parte; la folla accesa di rabbia invoca implacabilemente le Furie vendicatrici dei parenti. Intanto Lucio Giunio Bruto muove contro Ardea e convince l’esercito a seguire il suo appello di vendetta contro il re.

Tarquinio il Superbo, impressionato dalle notizie delle sommosse che giugevano da Roma, decide di tornare per riprendere in mano la situazione.

Al suo rimpatrio le porte sono sbarrate e di cittadini dalle mura lo insultano. Morirà a Cuma in esilio.

Ormai abbandonato scappa verso Cere, suo luogo d’origine, dove lo aspettano i suoi figli e la molie.

Sesto Tarquinio, invece, va a Gabi sicuro di trovarvi rifugio, ma viene ucciso dalle vecchie inimicizie che si era lasciato dietro con le stragi e con le rapine.

La monarchia finisce con questo evento.

Dura 244 anni (dal 753 a.c – al 509 a.c.).

Venticinque gli anni di regno di Tarquinio il Superbo.

Scomparsa la monarchia, nei comizi centuriati vengono eletti due consoli, che avrebbero avuto una scadenza annuale: Lucio Giunio Bruto e Lucio Tarquinio Collatino, marito di Lucrezia.

BIBLIOGRAFIA:

https://it.wikipedia.org/wiki/Lucio_Giunio_Bruto

https://www.romanoimpero.com/2020/01/i-sette-re-di-roma.html

http://www.museicapitolini.org

Le grandi donne di Roma antica – Furio Sampoli

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