GIULIA. La figlia che si oppose al padre Augusto: il primo imperatore di Roma

Lo stesso giorno in cui Giulia nacque, suo padre, Ottaviano Cesare, ripudiò la madre Scribonia.

Augusto era a capo del movimento che voleva riportare la morigeratezza nei costumi romani, “rovinati” dal contagio delle culture straniere, con questo motivo aveva accusato la moglie di perversione e licenziosità, così, appena gli ebbe dato la figlia, la lasciò a spendere il resto dei suoi anni da sola.

Con questa premessa si può immaginare l’educazione della piccola. Giulia ricevette una disciplina severa e controllata e fin da bambina imparò a filare e a tessere la lana, come facevano le donne di un tempo.

Il suo carattere ribelle e libertino, però, la spingevano ad amare lo stesso il lusso e l’eleganza, durante tutta la sua vita si oppose – attivamente o passivamente – all’ideologia del padre.

A quattordici anni venne fatta sposare con Marcello, figlio di Ottavia ( sorella di Ottaviano Augusto).

Il matrimonio, chiaramente celebrato per motivi politici, durò solo un paio d’anni a causa della salute cagionevole dello sposo che morì in giovane età.

Marcello venne pianto da tutti tranne che da sua moglie Giulia che desiderava di essere libera e ad avere un vero marito.

I suoi desideri vennero esauditi un anno dopo quando vennero celebrate le sue nozze con Marco Vipsanio Agrippa, amicissimo del padre e a lui coetaneo.

Per Giulia fu l’inizio della tanto agognata libertà: non solo era finalmente fuori da ogni controllo a cui era sottoposta nella casa paterna ma, essendo diventata la moglie di uno degli uomini più importanti del tempo, poteva permettersi di lasciarsi al lusso e alla modernità che tanto adorava.

Il suo primo figlio, Gaio, nacque un anno dopo il matrimonio e venne subito adottato da Ottaviano Augusto in modo da farlo erede diretto del suo potere. Il secondo figlio, Lucio, nacque quattro anni dopo e gli venne riservato lo stesso trattamento. Poi nacquero due figlie femmine, Giulia minore e Giulia Agrippina, a distanza di un anno l’una dall’altra.

La sua progenie, comunque, non le impedì di continuare a vivere nel lusso e a indossare le vesti orientali che tanto le piacevano.

Tra i tanti episodi che mostrano questa sua passione – e la sua sfrontatezza – ce n’è uno in cui si racconta che un giorno Augusto, vedendola vestita in maniera audace con abiti che facevano risaltare le curve del suo corpo rimase scandalizzato, ma non disse niente; il giorno seguente lei cambiò genere di abbigliamento e, con aria seria, abbracciò il padre, che non riuscì a contenere la gioia: «Quanto è più conveniente» disse «questo abbigliamento alla figlia di Augusto». Lei le rispose pronta: «Oggi mi sono fatta bella per gli occhi di mio padre, ieri per quelli del marito».

La grande libertà di cui Giulia disponeva dipendeva, sì, dalla decadenza dei costumi della società romana, ma anche dal fatto che suo marito e suo padre fossero costantemente in viaggio per le campagne militari: l’impero che avevano tra le mani era troppo grande per essere affidato unicamente ai loro sottoposti e così si sposavano spesso da una parte all’altra del loro territorio, tornando a Roma soltanto d’inverno.

Per questo Giulia poteva permettersi di avere una grande quantità di adulatori e amanti, attirati non solo dalla sua bellezza ma anche dalla sua ironia e dalla sua intelligenza.

Quando Agrippa fu inviato in Oriente, Giulia non perse l’occasione e lo seguì: voleva conoscere quello sconosciuto e antichissimo mondo dal quale era venuta Cleopatra. Poco si preoccupò del fatto che non fosse usuale che legati e governatori si portassero dietro le mogli nelle loro campagne militari: non era lei figlia e moglie dei due uomini più potenti del mondo?

Lì Giulia venne ricevuta come una dea e venerata durate tutta la durata del suo soggiorno ma non c’è da stupirsi: in Oriente il confine tra sovrani e divinità era molto sottile e già in passato era successo che personalità di spicco della società romana – come Cesare – venissero adulati e venerati come dei. Tornata a Roma da sola, fece fatica a dimenticare la vita lussuosa e sregolata che aveva potuto condurre nelle terre d’Oriente e, nonostante fosse di nuovo incinta, si circondò subito di una pletora di amanti.

A febbraio giunse la notizia della morte del marito; al figlio che nacque quattro mesi dopo la sua scomparsa venne dato il nome di Agrippa Postumo.

Appena finito il periodo di lutto, il padre, conoscendo il temperamento di Giulia, la maritò con Tiberio Claudio Nerone, dopo che lui venne obbligato divorziare dall’amata moglie Vipsania Agrippina.

Di mezzo, sicuramente, c’è stato anche lo zampino di Giulia, che insistette con il padre affinché la maritasse con Tiberio per non perdere il suo privilegio di matrona dell’alta società (ed essere in qualche modo inferiore alla sua “rivale” Livia Drusilla, moglie di Ottaviano Augusto e opposta a lei per usi e costumi ( Livia predicava il rigore e la moralità della Roma antica, Giulia la sfrenatezza e la libertà della modernità).

Il primo figlio che nacque dal loro matrimonio morì dopo pochi giorni e la donna, quasi insofferente, riprese a vivere la vita disinvolta e spensierata che tanto amava appena ne ebbe l’occasione. Arrivò perfino ad eleggere il Foro come luogo deputato di festini notturni e depravazioni.

Quando Tiberio venne a conoscenza del comportamento immorale della moglie, anziché denunciarla come avrebbe dovuto fare per legge, scappò a Rodi, dove restò per otto anni.

Non si fece invece problemi suo padre Ottaviano Augusto a denunciarla davanti a tutto il senato le sue intemperanze e le sue licenziosità; oltre a ciò, puntò il dito contro diversi dei suoi amanti, accusandoli di star pianificando una congiura nei suoi confronti.

Giulia così venne processata e condannata all’esilio perpetuo sull’isola di Ventotene; qui le vennero vietati contatti con uomini, vino e visite.

L’unica che rimase al suo fianco in questo duro periodo fu la madre Scribonia che, volontariamente, la seguì sull’isola.

Dopo cinque anni Augusto cedette alle preghiere di alcuni amici della figlia e le addolcì la pena, facendola spostare a Reggio, ma senza cambiare le regole.

Qui, lontana da Roma, apprese via via le sciagure che colpirono la vita dei suoi figli: Giulia minore, condannata come lei per immoralità, venne esiliata alle Tremiti, dove morì; poi spirarono i due figli Lucio e Gaio a due anni di distanza l’uno dall’altro, uno a Marsiglia, l’altro in Oriente; l’ultimo figlio, Agrippa Postumo, morì quando Tiberio salì al potere nel 14 d.C.

Dopo pochi mesi si spense anche lei.

…Quando ho letto di lei ho subito pensato alla regina di Francia Maria Antonietta. Donna che ha subito l’educazione impostale, ma che voleva vivere a modo suo. Purtroppo quando lo ha capito fu troppo tardi!

Cosa ne pensate voi? Scrivetelo nei commenti.

Vi aspetto alla prossima!

Ciao

Giovanna

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