Cornelia: una mamma orgogliosa dei suoi figli!

CORNELIA: una mamma orgogliosissima dei suoi bambini!

Ciao bambini, voglio condividere con voi la storia di questa favolosa mamma che ha dato i natali a due dei più grandi tribuni della plebe della Roma repubblicana. Leggiamo insieme l’articolo!

Tra il III e il II secolo a.C. nel teatro delle vicende di Roma c’è un solo ed unico protagonista: il grande genio militare di Publio Cornelio Scipione Africano, membro della gens patrizia dei Corneli. E’ con lui che inizia e finisce la seconda guerra punica; guerra che più di qualsiasi altra fece tentennare il sistema di alleanze romano e mise in forse la capacità di sopravvivenza della penisola.

Figlia del condottiero Cornelio Scipione Africano, Cornelia nasce nel 189 a.C., un anno dopo la vittoria del padre a Magnesia. La sua vita fu sempre accompagnata dall’immagine paterna, anzi, l’Africano e le sue gesta condizionarono sicuramente in modo profondo i comportamenti, le idee e la morale della donna; d’altronde lei, figlia di un uomo così importante, non poteva non tendere ad una pari eccezionalità di immagine nell’universo femminile. Per questi motivi, Cornelia non solo fu un raggiante esempio per le donne della sua epoca, ma divenne anche modello di mamma e di matrona romana durante il corso della storia romana.

Di ciò che fu la sua vita tra la sua data di nascita e quella del suo matrimonio non si sa molto; non fu mai diretta protagonista degli avvenimenti politici e sociali di Roma e quindi non venne scritto di lei se non come moglie e madre di importanti uomini romani.

In ogni caso, appena raggiunse l’età da marito (ovvero tra i dodici e i quattordici anni) sposò Tiberio Sempronio Gracco, più grande di lei di circa trent’anni. Nonostante l’uomo fosse nemico politico del padre, venne ritenuto più che degno di prenderla in moglie in quanto individuo virtuoso e valido, come scrive Plutarco: «La sua nobiltà gli venne dalla virtù. Infatti dopo la morte di Scipione Africano, di cui non era stato amico, anzi oppositore, fu ritenuto degno di sposarne la figlia, Cornelia». Probabilmente il matrimonio fu anche un atto simbolico di pacificazione tra le due fazioni politiche opposte.

Plutarco scrive ancora della vita di Cornelia anche dopo la morte del marito: rimasta vedova, la donna «prese su di sé la cura dei figli e dei beni e si dimostrò così amorosa e magnanima».

Cornelia è ricordata soprattutto come esempio di orgoglio materno, come viene raccontato in un conosciutissimo aneddoto legato alla sua figura. Un giorno Cornelia ricevette la visita di una matrona della nuova classe dei ricchi. In quel periodo le tradizioni della società romana stavano cambiando molto velocemente: usi e costumi orientali, infatti, si erano riversati nel mondo romando, trasformandolo da sobrio e severo a ricco, sfarzoso, lussuoso, corrotto, superfluo ed eccessivo e cambiando completamente le usanze. La matrona in visita da Cornelia, quindi, le elencò tutte le ville in suo possesso, i suoi acquisti più recenti e tuti gioielli che aveva addosso, accompagnando la conversazione con pettegolezzi cittadini. Cornelia attese che i figli Tiberio e Gaio tornassero da scuola e, presentandoli, dice: «Ecco i miei gioielli». Questa battuta, forte e tagliente, rimase nella storia come esempio non solo dell’orgoglio di Cornelia ma di tutte le matrone romane…Mia madre la usa ancora questa frase!

Come mamma si prese intensamente cura dei suoi figli, seguendo attentamente la loro educazione, il loro acculturamento e il loro sviluppo comportamentale. Questo viene attestato dai più grandi autori latini; scrive infatti Quintiliano: «Sarebbe augurabile che i genitori fossero colti quanto più possibile. E non parlo solo del padre. È noto che alla formazione oratoria dei Gracchi contribuì non poco la loro madre Cornelia, le cui lettere sono uno specchio di cultura e di eleganza e giunte fino ai posteri». E ci fa notare Cicerone: «Quando leggiamo le lettere di Cornelia, madre dei Gracchi, ci accorgiamo che quei giovani furono allevati non tanto nel grembo quanto nella lingua della madre». 

Come madre non poteva non condividere le idee di Tiberio e di Gaio in favore del popolo: non bisogna dimenticarsi, infatti, che essa era stata la moglie di Tiberio Sempronio Gracco, uomo di origine plebea e tribuno della plebe; e, ancora, che Scipione Africano, suo padre, sebbene di famiglia patrizia, era stato sostenuto dal popolo in ogni vicenda politica sia con l’elezione a console, sia con l’affidamento di un esercito per la campagna d’Africa, sia con il suo sostegno nel momento del suo processo.

Da donna intelligente e lucida, si rendeva perfettamente conto del grande squilibrio che si andava creando nella società romana e che trent’anni dopo sarebbe stata la vera causa della prima guerra civile romana. Ma era sempre figlia della nobilissima gens dei Corneli e, come ogni nobile, che fosse uomo o donna, sentiva l’obbligo di difendere, salvare, proteggere la stabilità della repubblica.

Vi riporto una lettera che si dice fu scritta da lei e indirizzata al figlio Gaio, in quel momento tribuno della plebe, intravedendo nella sua azione “rivoluzionaria” il pericolo di uno scardinamento dello stato sociale:

Oserei giurarlo con formula solenne: a parte quelli che uccisero Tiberio Gracco, nessun nemico mi ha recato tanta angustia ed affanno quanto tu per queste faccende: tu, che di tutti i figlioli che ebbi in precedenza dovevi assumere le loro veci e preoccuparti che io nella mia vecchiaia avessi il meno possibile di affanni e ricercare con tutte le forze che ogni tuo atto fosse a me gradito e ritenere sacrilego di agire nelle cose di maggiore importanza contro la mia volontà, tanto più che a me rimane da vivere tanto poco. Neppure un così breve spazio di tempo mi può recare quest’aiuto: che tu non mi sia ostile e non sovverta lo Stato? Insomma quando la faremo finita? Quando mai smetterà la nostra famiglia di far follie? Quando mai smetteremo di dare e ricevere molestie? Quando ci si vergognerà di rimescolare e sconvolgere lo stato? Ma se questo non si potrà assolutamente fare, concorri per il tribunato quando sarò morta io; per conto mio potrai fare quello che vorrai, quando io non sentirò più. Quando sarò morta mi farai le onoranze funebri e invocherai la divinità della madre. Ma allora non ti vergognerai di chiedere le preghiere di quegli dèi che tu da vivi e presenti avevi lasciati soli ed abbandonati? Non permetta Giove che tu perseveri per quella strada, né che ti venga in mente tanta follia. E se perseveri, temo che per tutta la vita, per la tua colpa, riceva tanto affanno, che non potrai mai più essere contento di te”.

Durante la sua vecchiaia, Cornelia si ritirò a Miseno, imitando il padre che negli ultimi momenti della sua vita si era trasferito in una villa in Campania. Qui, racconta Plutarco, visse senza cambiare nulla al suo stile di vita matronale: aveva sempre una buona tavola per onorare gli ospiti, si faceva circondare da uomini di lettere, specialmente “elleni”, e tutti i re scambiavano doni con lei. Inoltre era molto accogliente con i visitatori e spesso li intratteneva ricordando la vita e le consuetudini del padre, l’Africano, e dei figli, Tiberio e Gaio. Di loro parlava sempre senza commuoversi e senza farsi sopraffare dal dolore e ricordava, con chi glielo chiedeva, le loro imprese e la loro morte come se si stesse parlando di uomini antichi, lontani da lei.

Fine!

Vi è piaciuto? Ho preso spunto su vari testi per darvi un’idea di questa grande mamma che supportava e ammirava i suoi figli!

Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, scrivetemi la vostra opinione e vi ricordo che prima di questo c’è un altro articolo che parla di Lucrezia: simbolo di sacrificio morale e pubblico e privato, lo potete leggere sul mio sito nella sezione blog “mamme famose nell’antica Roma”!

Alla prossima…Ciao!

Giovanna

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